Crisi in Bangladesh: Quale Futuro per i Diritti Umani e la Protezione dei Rifugiati Rohingya?

Il Bangladesh si trova a un bivio. Le azioni del nuovo governo nelle prossime settimane e mesi saranno cruciali per determinare la traiettoria futura del paese riguardo i diritti umani e la protezione delle minoranze.

Il Bangladesh si trova ad un bivio dopo le dimissioni del Primo Ministro Sheikh Hasina, che ha lasciato l’incarico dopo 15 anni di potere. Le sue dimissioni sono avvenute a seguito di proteste antigovernative sfociate in violenti scontri con la polizia ed esercito, una dura repressione governativa e, infine, la sua fuga dal paese. Con un governo ad interim ora in carica, sorgono domande sul futuro dei diritti umani e della protezione delle minoranze nel paese, in particolare per quanto riguarda i rifugiati Rohingya.

Il Bangladesh ha una popolazione diversificata con varie minoranze etniche e religiose che, nel corso del tempo hanno affrontato discriminazioni e violenze. Il governo ad interim dovrebbe quindi dare priorità alla protezione di queste minoranze e affrontare qualsiasi protesta attraverso il dialogo e un governo inclusivo. Costruire una società che rispetti e celebri la diversità sarà infatti fondamentale per l’unità nazionale e la pace.

Rafforzare le protezioni legali per le minoranze è essenziale. Ciò include l’applicazione delle leggi già in vigore contro la discriminazione e la violenza, nonchè l’implementazione di nuove misure per salvaguardare i diritti di tutte le comunità minoritarie. Le riforme legali dovrebbero mirare a eliminare i pregiudizi sistemici e garantire un trattamento equo per tutti i cittadini.

Attualmente, circa 919.000 rifugiati risiedono a Cox’s Bazar, divenuto il campo profughi più grande al mondo da quando il 25 agosto 2017 oltre 700.000 Rohingya sono fuggiti dal Myanmar e lì hanno trovato rifugio. Questo massiccio spostamento è avvenuto a seguito di gravi violenze nello Stato di Rakhine, in Myanmar, dove i Rohingya sono fuggiti da una brutale repressione da parte dell’esercito birmano che ha provocato migliaia di morti, feriti, e dispersi. L’UNHCR e altri organismi internazionali hanno condannato questi atti, definendoli genocidio e crimini contro l’umanità.

La condizione dei Rohingya affonda le sue radici in una lunga storia di discriminazione e persecuzione sistematiche in Myanmar. Per decenni, i Rohingya hanno subito sistematiche discriminazioni e restrizioni delle libertà fondamentali, tra cui il diritto al matrimonio, pianificazione familiare, impiego, istruzione, religione e movimento. Nonostante abbiano vissuto in Myanmar per generazioni, i Rohingya sono stati inoltre sistematicamente privati della cittadinanza e dei diritti di partecipare alle elezioni, rendendoli il gruppo apolide più numeroso al mondo.

MAEC – Mediterranean Aid Education Center (precedentemente MOAS ITALIA) lavora instancabilmente con i Rohingya dal 2017, quando ha lanciato la sua prima missione nel sud-est asiatico istituendo una Stazione di Soccorso a Shamlapur, Bangladesh, per supportare i rifugiati Rohingya in fuga dalla violenza in Myanmar.

La Stazione di Soccorso ha fornito cure mediche essenziali, acqua e servizi igienico-sanitari con un team dedicato che offriva triage e trasporto d’emergenza. Nel 2020, MOAS ITALIA ha ampliato i suoi sforzi con una seconda missione, concentrandosi sulla sicurezza in acqua e sulla formazione e prevenzione del rischio a Cox’s Bazar. Questa iniziativa, finanziata dall’Otto per Mille della Chiesa Valdese, ha formato 700 volontari per prevenire annegamenti e migliorare la sicurezza dei campi profughi. Nonostante le difficoltà persistenti esacerbate dalla pandemia di COVID-19, queste missioni sono state fondamentali per affrontare le urgenti necessità umanitarie e salvare vite.

La maggior parte dei rifugiati Rohingya in Bangladesh sono donne e bambini, con oltre il 60% di età inferiore ai 18 anni. Molti sono arrivati con gravi ferite e traumi psicologici, portando con sé solo i vestiti che avevano addosso. Questi individui hanno urgentemente bisogno di beni di prima necessità come cibo, acqua pulita e rifugio, ma soprattutto, hanno bisogno di sicurezza e protezione.

Le condizioni di vita nei campi profughi sono deplorevoli. Gli insediamenti sono costituiti da tende improvvisate che offrono poca o nessuna protezione dalle intemperie. L’area è soggetta a inondazioni e frane, aggravando la già precaria situazione. L’igiene di base è un problema significativo, con servizi igienici fatiscenti e fonti d’acqua contaminate che comportano gravi rischi per la salute.

Oggi nuovamente nel mirino dell’esercito e delle milizie birmane, i Rohingya sono sotto assedio e impossibilitati a raggiungere la salvezza nei paesi vicini.

La situazione è stata descritta come una “catastrofe”, con migliaia di Rohingya intrappolati lungo il fiume Naf, che confina con il Bangladesh.

MAEC chiede alla comunità internazionale di affrontare questa grave crisi umanitaria e garantire protezione alla popolazione Rohingya con ogni mezzo necessario.

Le azioni del nuovo governo nelle prossime settimane e mesi saranno cruciali per determinare la traiettoria futura del Bangladesh riguardo i diritti umani e la protezione delle minoranze. Impegnandosi per la giustizia, per politiche inclusive, e per la protezione delle libertà fondamentali, il Paese può muoversi verso una società più democratica ed equa. Un impegno che richiederà una forte leadership, rispetto dei diritti umani, e la partecipazione attiva di tutti i settori della società per plasmare un futuro migliore per la nazione.

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