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Migranti, voci e storie dalla Tunisia

Quando Aida è partita dal Senegal nel 2021 aveva 16 anni. Come tanti giovani, è emigrata dal proprio Paese cercando una vita migliore. Quel viaggio sarebbe diventato il suo inferno. La Tunisia oggi è uno snodo centrale di un crocevia di vite, ed è fondamentale che la cooperazione internazionale si focalizzi su questo Paese.

Sulle rotte migratorie del Mediterraneo, sogni di speranza e realtà di disperazione si intrecciano con storie di coraggio. In risposta a queste sfide si è costituito il Mediterranean Aid Education Center- MAEC , nato dall’esperienza del MOAS Italia, che si focalizzerà non solo sull’aiuto e l’assistenza umanitaria ma anche sulla prevenzione e l’autosufficienza delle comunità attraverso progetti educativi mirati a sviluppare conoscenza dei processi migratori e dei rischi connessi. Il MAEC sposta il proprio raggio d’azione dal mare alla terraferma e nasce per rispondere in maniera efficace a tutte quelle criticità che affrontano non solo le persone vulnerabili, i migranti, i rifugiati, ma anche le comunità ospitanti del Mediterraneo. La direttrice del MAEC Regina Egle Liotta Catrambone è da poco tornata da una trasferta in Tunisia. Ecco le storie che ha raccolto.

Quando Aida è partita dal Senegal nel 2021 aveva 16 anni, pochi soldi in tasca, uno zaino, sogni e ambizioni. Come tanti giovani, è emigrata dal proprio Paese cercando una vita migliore. Poco sapeva che quella avventura sarebbe diventata un inferno e quel viaggio alimentato dalla speranza di realizzare i propri sogni trasformarsi velocemente in un incuboDai soprusi dei trafficanti nel deserto del Mali, fino alle violenze sessuali in Libia, la Tunisia è adesso la sua casa, anche se temporanea. L’Europa al di là del mare però è troppo vicina per non provare, troppo invitante il richiamo delle sue luci e della ricchezza promessa. Come non partire?

Così per Kijani, che nel 2020 ha ottenuto dal Congo un permesso di studio in Tunisia. Una nuova vita ad attenderlo con nuove esperienze, conoscenze, e volti amici. Con il visto ormai scaduto, si trova adesso in un limbo legale all’ombra di un possibile rimpatrio forzato ed incertezza sul futuro. Il mare all’orizzonte verso l’Europa sembra non finire mai, per lui non resta altro che rientrare a casa. Ma come fare senza abbastanza soldi per sostenere le spese di rientro?

Al contrario di Aida e Kijani, Yemi si trova in Tunisia per scelta e non ha nessuna intenzione di attraversare il Mediterraneo né tantomeno di tornare nel proprio Paese, la Nigeria. Yemi è un chimico, arrivato per una offerta di lavoro poi rivelatasi inadeguata. Diffidenza, burocrazia infinita, e mancanza di risorse lo hanno forzato a vivere al di sotto delle proprie qualità e competenze. Vorrebbe uscirne. Ma da dove cominciare?

Asma è una giovane e brillante studentessa tunisina che vede le proprie ambizioni limitate e azzerate da una nazione che poco offre e tanto toglie. A differenza degli altri, le sue risorse non sono limitate e la sua famiglia la supporta come può. Ma Asma non può andare in Europa, non senza specifiche regole che le permettano di ottenere il visto. L’Italia è vicina, ha imparato l’italiano ed il francese a scuola, vuole tentare. Dicono che con mare calmo e un buon motore si raggiunga la Sicilia in poche ore. Perché restare?

Le storie raccolte dal MAEC durante la propria missione in Tunisia hanno un unico filo rosso che le accomuna; l’assenza di informazioni, o la presenza di informazioni non corrette. Tutti loro un’unica speranza per un futuro migliore, che si scontra con la realtà sul campo fatta di sfruttamento, violenze, soprusi, ed addirittura la morte. 

Come sarebbe cambiata la vita di Yissa se avesse saputo dei rischi che l’aspettavano affidandosi alla tratta dei migranti? O delle violenze dei trafficanti durante il tragitto per arrivare verso la sponda sud del Mediterraneo? O dei rischi da correre per attraversare non solo il deserto ma anche quella striscia di mare? Si sarebbe forse affidata a delle modalità sicure e legali per poter migrare dal suo paese?

Cosa avrebbero detto Kijani e Yemi se avessero saputo delle lungaggini burocratiche e della mancanza di opportunità in Tunisia? Sarebbero partiti, o avrebbero cercato una via sicura per arrivare a destinazione? E Asma? Avrebbe davvero lasciato la propria casa e i suoi studi per spostarsi in un Europa in piena crisi economica e sociale se qualcuno le avesse spiegato la situazione senza giri di parole?

In un’epoca in cui il mondo è sempre più interconnesso, le storie figlie della migrazione attraverso il Mediterraneo si rivelano come intense narrazioni di coraggio, speranza e disperazione. Ogni viaggio attraverso questo mare antico porta con sé un insieme di sfide e opportunità, intrecciando le vite di coloro che cercano un nuovo inizio con le realtà spesso crudeli del loro percorso.

La Tunisia è oggi uno snodo centrale di questo crocevia, ed è fondamentale che la cooperazione internazionale ed il mondo umanitario si focalizzino su questo Paese, supportando le decine di migliaia di persone che oggi si trovano in un limbo senza nemmeno avere avuto l’opportunità di scegliere.

È per questo che l’implementazione delle Vie Sicure e Legali deve essere affiancata dalla creazione di programmi ad-hoc – come seminari, workshop, proiezioni ed altro – nei paesi di provenienza e di transito per informare sui rischi della migrazione irregolare. Nonché sperimentare un nuovo approccio umanitario che si focalizzi sulla educazione e sulla consapevolezza della realtà sociali ed economiche in Europa e nei paesi di arrivo, piuttosto che rimanere in attesa alle frontiere. Tali iniziative avrebbero sicuramente aiutato queste persone a fare una scelta informata, soppesare i rischi e le opportunità, ed infine decidere in maniera cosciente.

Troppe volte abbiamo visto persone migranti voler tornare indietro quando era troppo tardi. O raggiungere la propria destinazione trovando l’inferno in terra piuttosto che l’agognato paradiso. Nonostante i nostri buoni propositi e chiaramente ribadendo l’importanza dei salvataggi in mare, è evidente come il viaggio, le difficoltà, insieme agli abusi subiti creino una ferita aperta che rimarrà in loro per sempre. Dobbiamo evitare tutto questo.

Regina Egle Liotta Catrambone, direttrice Mediterranean Aid Education Center.

Articolo originale su Vita.it


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