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Noah Cooper

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Gian Luca nasce nel 1969 in Emilia. Figlio d’arte, cresce e si forma in un contesto familiare, ma al tempo stesso creativo. Infatti, studia e si realizza al fianco del fratello maggiore e dei suoi genitori, fotografi da tre generazioni. Adolescente, frequenta la scuola d’arte fotografica di Schaffhausen in Svizzera, per poi seguire le orme della sua famiglia: prima come fotografo ritrattista e poi di moda, firmando campagne di importanti brand e collaborando con i principali fashion magazine europei e nazionali.
Sin da bambino, usa il disegno a mano libera come forma di espressione quasi ossessiva, stupendo chiunque per la qualità dei suoi lavori che riempiono qualsiasi superficie e spazio che lui possa utilizzare.
Lo scontro e incontro sono quasi inevitabili con la fotografia, dapprima quasi lo subisce.
La fotografia sembra non stimolarlo, nonostante la apprezzi, ma lo infastidisce la quantità di tecnicismi che lo costringono a un approccio per lui troppo lento, freddo e vincolante. Insomma, troppe regole da rispettare. Solo crescendo intuisce, forse grazie alla sua indole curiosa e un po’ ribelle, che la fotografia è uno strumento molto divertente per lui, in quanto piena di regole da poter infrangere, così da poterla utilizzare in modo più personale e creativo. Ma purtroppo, da sempre schiavo della sua creatività, la fotografia non basta a soddisfarlo. Riesce ad essere veramente appagato solo trasformando le proprie idee creative in realtà, in vari ambiti, dal design all’arte, sperimentando nuove tecniche materiali e strumenti. Notato dal Prof. Vittorio Sgarbi, che lo porterà ad esporre alla Biennale di Venezia con l’opera “WHOMAN”, un ritratto androgeno realizzato con una nuova tecnica fotografica creata da lui stesso che scomponeva il soggetto in modo apparentemente disordinato ma al contempo creando un effetto percettivo molto intimo e definito.
Poi nasce di nuovo, quasi per gioco, come Noah Cooper che in realtà non è un nome d’arte ma un eteronimo, cioè una nuova identità creata proprio per la necessità dell’artista di poter vivere questa nuova esperienza tranquillamente, purificata dal suo percorso professionale e di vita, che lo rende ancora più libero e rispettoso verso di sé e del suo nuovo pubblico.

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